Signore e signori,
la protezione dei bambini dagli abusi sessuali è un tema che non lascia indifferenti. Durante gli scorsi anni, numerosi casi hanno riscosso un grande eco mediatico e attirato l’attenzione di tutti, suscitando sempre il medesimo interrogativo: cosa bisogna fare affinché questi crimini non si ripetano più?
Nell’intento di rispondere a questo interrogativo, nel marzo 2006 l’associazione «Marche Blanche» ha sottoposto alla Cancelleria federale il testo di un’iniziativa popolare federale intitolata «per l’imprescrittibilità dei reati di pornografia infantile». Il comitato promotore ritiene che la prescrizione dei reati che violano l’integrità sessuale favorisca questa forma di criminalità e che pertanto la soluzione più semplice ed efficace sia di eliminarla.
Tuttavia, come ha spiegato poco fa la consigliera federale Widmer-Schlumpf, non si tratta di una buona soluzione. L’iniziativa si spinge oltre il dovuto e inoltre le definizioni imprecise ne renderebbero l’applicazione così problematica che non sarebbe possibile raggiungere gli obiettivi perseguiti.
A prescindere dai suoi difetti, bisogna riconoscere all’iniziativa il merito di aver attirato l’attenzione su una lacuna della legislazione vigente in materia di prescrizione penale. In effetti i termini sono troppo brevi. Occorre concedere ai bambini la cui integrità sessuale è stata violata più tempo per decidere se sporgere denuncia. Tuttavia è lecito chiedersi perché per adulti e bambini debbano valere norme diverse in materia di prescrizione penale. Vi sono numerose ragioni, tutte facilmente comprensibili. Innanzitutto un bambino talvolta non è sufficientemente maturo ed esperto per comprendere il carattere riprovevole di ciò che subisce. Inoltre, anche se si rende conto di essere vittima di abusi, non è in grado di difendersi perché spesso si trova in una situazione di dipendenza affettiva ed economica dall’autore del reato, che lo può anche minacciare costringendolo a mantenere il segreto. Infine, può capitare che per proteggersi alcune giovani vittime cerchino di rimuovere il ricordo degli abusi, comportandosi come se non fosse accaduto nulla. Tutti questi fattori inducono i bambini vittime di abusi a rompere il silenzio molto tardi e spesso soltanto dopo aver lasciato la propria famiglia.
È vero che quanto ho appena detto depone indubbiamente a favore di un prolungamento dei termini di prescrizione dell’azione penale, ma ciò non vuol dire che bisogna eliminarli completamente. Salvo rarissime eccezioni (genocidio, terrorismo, crimini di guerra), tutti i reati sono prescrittibili. Si tratta di una soluzione dettata dai principi del diritto penale, quali l’obbligo di celerità, l’accertamento dei fatti, l’efficacia ecc. e che consente altresì all’autore del reato che per molti anni non ha più commesso altri crimini a reinserirsi nella società. Il problema dei termini di prescrizione non va quindi affrontato unicamente con lo scopo di tutelare l’interesse delle vittime di beneficiare di un termine più lungo, bensì anche nell’ottica degli organi di giustizia penale, che devono riuscire a perseguire e prevenire con successo i reati. Il controprogetto indiretto tiene conto in ugual misura di questi interessi sostanzialmente contradditori e costituisce quindi una soluzione appropriata.
Il controprogetto indiretto presenta anche altri importanti vantaggi rispetto all’iniziativa. Non è mia intenzione citarli tutti e ne menzionerò due che giudico particolarmente importanti:
- innanzitutto il controprogetto sancisce che il termine di prescrizione più lungo non si applica soltanto in caso di reati contro l’integrità sessuale, ma anche ai reati gravi contro l’integrità della persona. In effetti non si capisce perché quanto applicato nel caso degli abusi sessuali debba invece essere irrilevante quando si tratta di maltrattamenti. Pertanto la legislazione deve sancire norme analoghe in entrambi i casi;
- inoltre il controprogetto definisce chiaramente quali vittime beneficiano di termini di prescrizione più lunghi, ossia i bambini sotto i 16 anni. Ricordo che il testo dell’iniziativa parla di fanciulli «impuberi». Nella prassi sarebbe molto difficile fornire le prove se si volesse applicare questa nozione di pubertà. Com’è possibile stabilire con certezza, ad esempio 40 anni dopo i fatti, se all’epoca la vittima era effettivamente impubere? Se si considera questa importante difficoltà è molto più appropriato scegliere un criterio oggettivo come l’età delle vittime. Vi ricordo anche che tale criterio non causa disparità di trattamento fra le vittime come quello della pubertà che, come tutti sanno, può manifestarsi in età anche molto diverse.
Queste sono le ragioni principali per cui sostengo il controprogetto indiretto e sono contraria all’iniziativa popolare. Ribadisco che respingere l’iniziativa popolare non significa essere contrari a una migliore protezione dei bambini contro gli abusi, tutt’altro. Respingere l’iniziativa significa permettere l’entrata in vigore del controprogetto indiretto che, come ho già spiegato, fuga tutti i timori espressi dal comitato d’iniziativa ed è anche più equilibrato ed efficace.
Per tutti questi motivi vi raccomando, in accordo con il Consiglio federale e il Parlamento, di respingere l’iniziativa.
Ultima modifica 21.10.2008